L’allarme è stato lanciato da molto tempo tempo: c’è grande carenza di camionisti e la situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente. Gli stessi autotrasportatori hanno presentato delle proposte, ma al momento sembra davvero complicato trovare una soluzione efficace. Da cosa dipende questo fenomeno? Perché mancano i camionisti? Se l’è chiesto il Financial Times, quotidiano economico-finanziario britannico che ha ascoltato le voci dei protagonisti in prima persona, cioè gli stessi camionisti.
Da quanto emerge il problema non sarebbe solo legato all’aspetto economico, ma anche a quello privato e sociale. In poche parole non serve solo uno stipendio dignitoso, ma anche una vita dignitosa. Richieste più che legittime, che però non sempre vengono garantite dalle agenzie di trasporti merci, attente più a fare quante più consegne possibili che alla qualità della vita dei loro dipendenti.
Il caso di Aliaksandr Matsiash: “Guadagno oltre 2.000 euro, ma è una prigione”.Il Financial Times ha raccontato il caso di Aliaksandr Matsiash, camionista bielorusso di 30 anni, che dopo due settimane di formazione per diventare autista è stato assunto presso la Baltic Transline. Dopo 13 settimane di lavoro come camionista, con base nei Paesi Bassi ed una retribuzione di 2.470 euro mensili, Aliaksandr ha deciso di dire basta.
Benché la paga fosse comunque soddisfacente, il trentenne ha spiegato che non ha più una vita sociale. In pratica il lavoro diventa una prigione, trasformando il camionista in uno zombie.
La Baltic Transline ha smentito in parte l’episodio, dichiarando che invece rispetta i tempi di guida e di riposo dei suoi dipendenti, ai quali offre un alloggio adeguato e condizioni degne di vita.
Ad ogni modo, comunque siano andate le cose, questo episodio deve far riflettere. Avere uno stipendio soddisfacente non è condizione necessaria per convincere un camionista a firmare un contratto, ma serve una buona qualità della vita dove i sacrifici siano tollerabili.
Sempre più persone si sono allontanate dall’attività, tant’è che oggi l’età media di un camionista in tutta Europa è salita a 55 anni, mancando un vero ricambio generazionale.
Il Financial Times ha raccolto altre testimonianze di camionisti, come quella dell’inglese Patrick Doran, che dopo 7 anni ha mollato il suo camion per dedicarsi alla guida degli autobus. La paga è più bassa, ma in compenso la qualità della vita è migliore. In Gran Bretagna stanno aumentando le retribuzioni per i driver, ma come ampiamente sottolineato non è solo il denaro ad incidere sulle scelte degli autotrasportatori.
Ad ulteriore conferma di quanto detto c’è la testimonianza di Jose Queiros, cittadino portoghese trasferitosi in Gran Bretagna. Guidava camion dal 1990, ma ha poi deciso di lavorare in una cava, ritenendolo un lavoro meno difficile.